domenica 24 novembre 2019

Ridere per vivere



Ridere è il bisogno dell’anima”
P.Neruda


Giorni fa mi sono imbattuta in alcune letture molto interessanti a proposito dei condizionamenti a cui siamo sottoposti da parte del sistema sociale e culturale in cui viviamo, e degli effetti sorprendenti che tali condizionamenti hanno su di noi. Perché parlarne? Perchè la consapevolezza è il primo passo per la libertà da queste influenze depontenzianti. Le definisco così perchè siamo esseri ricchi di risorse e capacità, spesso ci sottovalutiamo o veniamo indotti a farlo, mentre siamo potenzialmente inarrestabili.  I condizionamenti di cui sopra hanno lo scopo di farci credere che siamo privi di potere, privi di risorse, vittime del fato avverso e bisognosi di aiuto, quindi ci de-potenziano, mirano a oscurare la luce infinita che è in noi.
Quello che ci viene proposto fin dalla nascita è il cosiddetto Pa.Va.Di.La. A cui proponiamo di contrapporre il Pa.De.Gio., termini coniati da Sonia Fioravanti (psicoterapeuta) e  Leonardo Spina (attore, sceneggiatore, pioniere della gelotologia), autori del libro “Dall’Homo Sapiens all’Homo Ridens”. Il Pa.Va.Di.La è il paradigma della valle di lacrime. Cosa significa? La nostra società ci educa alla parte negativa della realtà, ai sensi di colpa, a credere che la vita sia sofferenza, sacrificio, dolore. Pensiamo al libro dei libri, la Bibbia e citiamone un passo, la maledizione con cui Adamo ed Eva sono cacciati dall’Eden:“Maledetto il suolo a causa tua, con dolore ne trarrai il cibo. Spine e cardi produrrà per te. Col sudore del tuo volto mangerai il pane”. Innanzitutto notiamo le parole che, come vedremo, sono estremamente importanti. Addirittura Dio maledice Adamo.  Questo dunque il viatico della razza umana. Sociologicamente che effetti può avere? Non ci si può che aspettare che la vita sia sofferenza e che anche il lavoro lo sia. Si tratta dunque di un’impronta forte e condizionante. Ma esiste un’alternativa, la chiave di un’altra possibile società.  Nel libro di Georges Minois “Storia del riso e della derisione” leggiamo quanto segue:
“Dal riso di Dio nacquero i sette dèi che governarono il mondo […] Non appena Egli scoppiò a ridere apparve la luce […]. Scoppiò a ridere per la seconda volta e fu acqua dappertutto […] Alla sesta risata creò il tempo. Poi, prima di scoppiare a ridere per la settima volta, Dio inspirò profondamente, ma aveva riso talmente tanto da piangere e dalla sue lacrime nacque l’anima degli uomini”.
Così narra l’autore anonimo di un papiro alchimistico che risale al III secolo, il Papiro di Leida contenente la “Genesi degli gnostici” e conservato nella città olandese di Leida.
In questa versione della creazione l’Universo è nato da un’enorme risata, un big bang comico e cosmico.  Se questo ce l’avessero insegnato al catechismo la nostra società non sarebbe stata decisamente diversa? Invece del Pa.Va.Di.La (paradigma valle di lacrime) avremmo il Pa.De.Gio, il paradigma della gioia. Adesso cerchiamo di capire a cosa è funzionale questo Pa.Va.Di.La., gli obiettivi nascosti, più facili da capire se prendiamo in considerazione l’ambito della salute pubblica, laddove l’obiettivo non è avere persone sane, ma ricondurre i sani a delle categorie da curare. Che vuol dire? Per capirlo consideriamo quella branca della medicina che si chiama psicosomatica, il cui assunto fondamentale è che la psiche (pensieri, emozioni, sentimenti, credenze) ha effetto sul soma, cioè il corpo. E’ risaputo in psicosomatica, che un ruolo centrale è svolto dalla consapevolezza. Vale a dire che, dato un certo malessere (per es. colite, mal di testa cronico o qualunque somatizzazione), la consapevolezza del problema scatenante, del malessere psichico che lo ha provocato aiuta a sciogliere la somatizzazione, in quanto consente di creare un nuovo equilibrio tra l’interno (sé) e l’esterno (l’ambiente, costituito anche dagli altri). Anche la psicobiologia dimostra che i nostri pensieri, emozioni, credenze diventano realtà fisica del corpo. Per questo è fondamentale non cadere vittima della paura, emozione deleteria soprattutto in condizioni di malattia. Cosa contribuisce a instillare paura? Possono farlo anche le parole. Infatti le parole non sono neutrali, ma portano con sé un pacchetto cognitivo-emozionale. Nel Pa.Va.Di.La vengono usate per creare veri e propri condizionamenti ipnotici. Pensiamo alla parola “malattia”, in cui è insita la radice male. Oppure la parola “tumore” che in francese significa “tu muori”. Credete davvero che parole simili non abbiano, a livello inconscio e quindi inconsapevole, un effetto cognitivo/emotivo su di noi? Sono parole che rappresentano ciò che il Paradigma della valle di lacrime tenta di fare, cioè instillare paura.  Alcuni medici, invece, cominciano ad aprire una breccia verso il Paradigma della gioia, e iniziano a parlare di “benattia” invece che malattia, perché essa è da considerarsi non una piaga, ma un’occasione per capire come funziona il nostro corpo, un’occasione di consapevolezza. Guardiamo al corpo come ad un maestro che fornisce degli insegnamenti, e ha in sé tutti gli strumenti di auto guarigione. Il malessere sopraggiunge quando qualcosa blocca i naturali meccanismi innati di auto guarigione, e allora la via è comprendere la vera causa profonda e sciogliere i blocchi paralizzanti, porsi domande sul perché sia comparso quel dato problema e costruire un progetto personalizzato di auto guarigione, sistemi che auto potenziano le nostre capacità di rimetterci in forma. Per questo è corretto dire che noi non moriamo di malattia, ma di false credenze e false convinzioni.  Qualcuno si starà certamente chiedendo che ruolo abbiano in tutto questo i farmaci. Quanto detto sinora non significa negare l’utilità dei farmaci, dato che ci sono situazioni gravi in cui è necessario assumerli. Bisogna tuttavia considerarli una stampella, un rimedio d’urgenza che non rintraccia la vera causa e che configura un intervento senza un progetto personalizzato. Facciamo un esempio per capire. Paolo, Francesco e Luca hanno la gastrite. L’attuale sistema sanitario li tratterà tutti con lo stesso farmaco, e quindi non terrà conto della “storia unica” che ciascuno di loro rappresenta, non accrescerà la conoscenza dei loro meccanismi di funzionamento. Per cui probabilmente il problema si ripresenterà. Infatti per Paolo la causa può essere una cattiva alimentazione, per Francesco i problemi sul lavoro e per Luca un conflitto in famiglia.
Forniamo ora qualche dato per dare supporto scientifico a quello che stiamo dicendo. Avete mai sentito parlare di PNEI? Significa psiconeuroendocrinoimmunologia, parola lunghissima che in sintesi collega lo psichico (pensieri, emozioni, convinzioni ecc.) al sistema immunitario, riconoscendo, quindi, a qualcosa di astratto di avere un effetto sulle nostre difese immunitarie. Se vi fermate un attimo a riflettere capite la portata di questo concetto straordinario. Quindi quando sentiamo dire che “i nostri pensieri e le nostre parole creano la nostra realtà”, non sono facili e banali psicologismi, in quanto la PNEI offre il fondamento scientifico di questa affermazione.
Tutto ciò si traduce in qualcosa di meraviglioso nella nostra vita: tutte le volte che facciamo qualcosa che ci fa stare bene, ci dà gioia, siamo innamorati o creiamo, si attiva il Timo (ghiandola che si trova dietro lo sterno) che produce endorfine (oppioidi endogeni) che hanno proprietà
  • ·         Analgesiche (riducono il dolore)
  • ·         Euforizzanti (stato di benessere)
  • ·         Immunostimolanti (attivano il sistema immunitario)

La conclusione è che la gioia è il garante della nostra salute. Al contrario la paura stimola la produzione di adrenalina che è un immunosoppressore, quindi ostacola i meccanismi innati di autoregolazione e guarigione.
Torniamo ora al concetto espresso poc’anzi e cioè che l’obiettivo del Sistema sociale e culturale in cui viviamo non è avere persone sane, ma ricondurre i sani a delle categorie di soggetti da curare, cioè è una fabbrica che produce malati. Viviamo in un periodo storico in cui c’è un forte attacco alla vita. Facciamo un esempio per capire: il DSM è un manuale diagnostico usato in psichiatria. Nel primo DSM le categorie diagnostiche erano circa 60. Nelle versioni successive, per esempio il DSM 5 le categorie sono almeno 300. Ebbene ogni categoria diagnostica nuova consente la produzione di un nuovo psicofarmaco. E uno degli autori del DSM 4 si autodenunciò dicendo di aver commesso crimini contro l’umanità perché il manuale era fonte di numerose categorie diagnostiche inventate. Tale accadimento tuttavia è poco noto poiché è stato insabbiato. Come mai? Anche la dott.ssa Sonia Fioravanti racconta di aver preso parte alle contestazioni.
A ciò si deve aggiungere che molta della letteratura sui mille diversi modi di guarire viene occultata, così come la conoscenza sui programmi riparatori innati di cui siamo dotati, riducendo, di fatto, le nostre possibilità di scelta quando abbiamo bisogno di cure. A tal proposito citiamo “Guarigioni straordinarie” di Marc Ian Barasch e “Noi siamo guariti” di Sergio Signori, che trattano  i numerosi casi di guarigioni dal cancro attraverso il ricorso a metodi alternativi e naturali. C’è chi guarisce andando a Lourdes, chi ricorrendo alla naturopatia e mille altri modi documentati.
Abbiamo detto, inoltre, che il Sistema si alimenta utilizzando un condizionamento ipnotico, che è mediato anche attraverso le parole e che è volto a instillare paura, poiché è grazie alla paura che si ha l’effetto della paralisi del pensiero critico, che impedisce la libertà di scelta. Il pensiero va, per esempio, a tutte quelle pubblicità che, facendo leva sulla paura di cataclismi, danni, tragedie, imprevisti, propongono la loro soluzione assicurando qualunque cosa (l’auto, la casa, gli elettrodomestici, una rendita per la vecchiaia ecc.). Una volta alla telefonata con cui un operatore mi proponeva di estendere la garanzia per gli elettredomestici che avevo acquistato due anni prima “perché si sa, capita che si rompono proprio nel momento meno opportuno” rispondo che non mi interessava in quanto….. profondamente ottimista!  Quando invece parliamo di paura intensa possiamo constatare anche nel nostro quotidiano che nel panico fatichiamo a ragionare con lucidità.  Quando abbiamo paura si paralizza il cognitivo, e ciò va di pari passo con l’insicurezza e il bisogno di protezione. Quindi se tutte le informazioni di cui potrei disporre sulle modalità alternative di guarigione vengono occultate e vengo inoltre, col condizionamento ipnotico,  indotto ad avere paura, la conseguenza è che le mie scelte vengono dirottate verso ciò che il Sistema propone. Ma sarà per il mio bene o a vantaggio delle aziende farmaceutiche e di tutta la “fabbrica sanitaria” che è ad oggi il principale motore dell’economia mondiale?
Quali possibili soluzioni? Innanzitutto spostarsi sul paradigma della gioia. In secondo luogo, sapete che ognuno di noi ha già dalla nascita un formidabile strumento per scardinare il condizionamento ipnotico? È ridere, perché ridere è un’azione che libera e quindi consente di scegliere. Esiste una vasta letteratura sull’argomento. Già negli anni 80 una dottoressa americana Goodheart diceva agli italiani che medici, psicologi e psichiatri americani consigliavano vivamente ai pazienti di vedere film comici e teatro di commedia perché fa bene alla salute. Ricordate il film Patch Adams (1998) con Robin Williams? È ispirato alla storia della vita del Dr. Hunter Patch Adams e sul libro “Salute! Curare la sofferenza con l’allegria e con l’amore”. Il concetto di base non è curare col sorriso, ma cercare di far capire alla medicina che le emozioni sono importantissime per il funzionamento dell’organismo. Per questo motivo gli ospedali con i colori cupi e la generale trascuratezza che li rende simili a carceri, invece di favorire la guarigione, rema contro di essa. Ci sono, a questo proposito, ricerche che studiano il potere terapeutico del bosco e mostrano che dopo due ore di permanenza i “natural killer” (componenti del Sistema immunitario) sono raddoppiati, e dopo due giorni il sistema immunitario è letteralmente rinnovato.
E questo è solo un assaggio di quel sapere eretico che molti abbracciano con straordinari risultati. Sarà forse il sapere ufficiale del futuro?


 

giovedì 7 novembre 2019

La scienza dice si al Sahaja Yoga

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Dopo tanto scetticismo la ricerca scientifica dichiara finalmente che l’uso delle tecniche orientali di meditazione può prevenire e curare molte malattie. I suoi vantaggi non sono più in discussione: migliora l’attenzione, le abilità cognitive e la memoria, riduce l’ansia e i sintomi depressivi, e non solo. Fino agli Anni ’50 la meditazione è stata prerogativa di eremiti, monaci o i cosiddetti guru, cioè appannaggio di pochi eletti, in quanto pratica complicata e di natura prettamente spirituale. Poi diventò pratica dei figli dei fiori, seguiti negli anni successivi da calciatori e attori: meditano Roberto Baggio e Richard Gere. In tempi più recenti è stata la volta degli amministratori delegati di grandi multinazionali: Rao Dalio (Bridgewater associates) e Marc Benioff (Oracle e Salesforce.com). E oggi si è dato alla meditazione persino Dmitry A. Medvedev, primo ministro della Federazione Russa.
Da qualche anno però la meditazione non si occupa più solo di “benessere psicologico” ed è entrata negli ospedali con molte applicazioni: dal controllo del dolore all’immunologia, dalla cura dell’ipertensione al rallentamento dell’invecchiamento cerebrale.
Nella frenetica vita contemporanea la meditazione di tradizione orientale è pratica difficile. Non dobbiamo, infatti, cadere nell’errore di credere che praticare lo yoga significhi fare esercizio fisico simile allo stretching. Ed è per questo che nel 1970 Shri Mataji Nirmala Devi ha fondato Sahaja Yoga (dal sanscrito sahaja “innato,spontaneo” e yoga “unione”). Il nome anticipa la caratteristica peculiare di questo metodo unico di meditazione che è spontanea in quanto facile, legata a capacità innate.  Per capire che non si tratta di quella che taluni definiscono una “pratica spirituale” senza fondamento scientifico, occorre dare alcune informazioni. Infatti secondo il Sahaja Yoga esiste un “sistema sottile energetico” costituito da:
  • 3 canali energetici
  • 7 chakra
  • Energia kundalini
1) All’interno dell’essere umano vi sono canali di energia che determinato il nostro equilibrio. I tre canali principali del nostro corpo sottile sono detti canali di destra, di sinistra e canale centrale. In sanscrito essi vengono chiamati Nadi, quello di sinistra è detto Ida nadi, quello di destra Pingala Nadi e insieme corrispondono rispettivamente al sistema nervoso simpatico di sinistra (ida) e destra (pingala) mentre quello centrale, denominato Sushmuna Nadi, alimenta il sistema nervoso parasimpatico, autonomo.
Il canale sinistro, che occupa il lato sinistro del corpo ed il lato destro della testa, è l’Ida nadi. Corrisponde al Subconscio e fornisce l’energia alla parte emotiva della psiche. È il lato lunare e femminile dell’essere umano, nel quale si manifestano istinti ed intuizioni. È lo Yin del Tao cinese, è il canale nel quale circola l’energia Tamas, caratterizzata dalle qualità delle emozioni, della gioia del desiderio, e dell’attitudine a pensare al passato. Una persona che ha uno sbilanciamento verso questo canale tende ad essere eccessivamente emotiva, troppo sentimentale, facilmente influenzabile. I pensieri sono rivolti verso il passato e può cadere facilmente nella depressione e nella pigrizia ed essere vittima di condizionamenti.
Il canale destro, che occupa il lato destro del corpo e il lato sinistro della testa, è Pingala Nadi corrisponde al Sopraconscio e fornisce energia alle attività della coscienza. Fornisce l’energia dell’azione che consente di realizzare i desideri. È il lato solare, maschile dell’essere umano attraverso il quale possiamo pensare, creare, pianificare ed agire. È lo Yang del Tao e in esso circola l’energia Rajas. Ha la qualità della razionalità,dell’attenzione, dello sguardo verso il futuro, dell’azione. Una persona che ha uno sbilanciamento verso questo canale tende ad essere eccessivamente attiva e razionale, con una forte identificazione con le proprie capacità ed esigenze. Tende ad essere dominante ed aggressiva, con i pensieri prevalentemente rivolti verso il futuro, con consequenziale tendenza a vivere nell’ansia. Non riesce a fermarsi o a dormire bene e spesso soffre di stress e problemi cardiaci.
Il canale centrale situato nella spina dorsale, collega l’osso sacro all’osso della fontanella è La Sushmuna Nadi e corrisponde all’Inconscio. Fornisce l’energia al sistema nervoso parasimpatico che gestisce tutte le funzioni autonome del nostro organismo, di cui normalmente non siamo consci e su cui non possiamo intervenire con la volontà: per esempio, il battito cardiaco. È il canale dell’equilibrio perfetto, la cosidetta “via del mezzo” ed in essa circola l’energia sattwa che altro non è che l’unione delle energie ida e pingala equilibrate. La qualità che attiene alla via del centro è il saper stare nel presente, ci dona equilibrio, ci permette l’evoluzione, il miglioramento attraverso l’uso proprio delle nostre energie sottili riportandole in uno stato di equilibrio naturale.
2) I Chakra sono centri di energia animati da un moto rotatorio in senso orario, e il fluire libero dell’energia vitale in questi centri determina il nostro benessere a livello fisico, mentale, emozionale e spirituale. Esistono sette chakra principali posti lungo l’asse della colonna vertebrale e corrispondono ai plessi nervosi e sono responsabili del buon funzionamento dei nostri organi. A livello sottile i 7 chakra sono ciascuno all’origine di specifiche qualità. Ad esempio la capacità di perdonare è collegata al sesto chakra. Essi vengono attivati e riequilibrati dal passaggio della Kundalini allorché venga risvegliata e mantenuta desta con la meditazione.
1° CHAKRA, MOOLADHARA CHAKRA (plesso pelvico)
2° CHAKRA, SWADISTHANA CHAKRA (plesso aortico)
3° CHAKRA, NABHI CHAKRA (plesso solare)
4° CHAKRA, ANAHATA CHAKRA (plesso cardio-polmonare)
5° CHAKRA, VISHUDDI CHAKRA (plesso cervicale)
6° CHAKRA, AGNYA CHAKRA (chiasma ottico)
7° CHAKRA, SAHASRARA CHAKRA (sistema limbico)
3) la Kundalini è l’energia sacra che è presente in ognuno di noi in stato dormiente, avvolta in tre spire e mezzo nell’osso triangolare alla base della colonna vertebrale, chiamato sacro. Se sollecitata, attraverso gli esercizi di meditazione, essa sale spontaneamente attraversa l’area anteriore della fontanella, sulla sommità del capo, in corrispondenza del settimo chakra.
La grande rivoluzione del Sahaja Yoga è che anche persone che non possiedono basi culturali yogiche possono apprenderlo con successo. Il programma è efficace e può essere insegnato facilmente. Dona rapidi risultati spesso in soli pochi mesi di pratica. Si diventa consapevoli di sé stessi e come ulteriore conseguenza si ottiene un benessere spirituale, mentale, emotivo, fisico e anche sociale. Per esperienza diretta posso dire di aver assistito a importanti risultati ottenuti da persone che praticando sahaja yoga hanno smesso di assumere farmaci per dormire, sono riuscite finalmente a smettere di fumare o hanno visto risolversi problematiche nei rapporti sociali sul luogo di lavoro, apparentemente senza aver fatto nulla.
Molti sono gli studi effettuati per verificare i benefici delle pratiche meditative, con risultati molto disparati a causa della difficoltà di giungere ad una definizione chiara e univoca di meditazione. La recente scoperta del “silenzio mentalecome definizione scientifica di meditazione, riconosciuta da tutti gli studiosi del settore, ha consentito di essere la base dalla quale far partire le nuove indagini atte a definirne gli effetti specifici.
Ma per quale motivo la meditazione fa più che bene? Su che meccanismi si basa? Occorre una premessa: sostanzialmente, noi non siamo i nostri pensieri e neanche la mente che li genera ma, in realtà, qualcosa di molto più profondo che si può scoprire interamente nello stato di silenzio mentale. Esso diventa, dunque, una finestra attraverso la quale possiamo acquisire una chiara comprensione di noi stessi e del nostro mondo.
Proprio la cultura orientale, in particolare quella indiana, ha riconosciuto l’importanza del silenzio mentale ed ha sistematicamente esplorato le vie per coltivarlo, acquisendo come risultato un metodo di meditazione/yoga. Un modo per capire la relazione che c’è tra pensare, non pensare e meditare è quello di immaginare com’è fatto un elettroencefalogramma. In esso si vedono delle onde che si susseguono in maniera seriale. Immaginiamo che siano i nostri pensieri; spesso queste onde sono così vicine che non percepiamo uno spazio tra di esse, l’impressione che ne riceviamo, invece, è che si susseguano all’infinito. La velocità con cui queste onde di pensieri si manifestano dipende dallo stato mentale ed emotivo del momento vissuto.
Durante il nostro usuale livello di attività mentale tale attività viene definita “brusio mentale costante di sottofondo”, che accompagna qualsiasi cosa facciamo; Questo genere di onde mentali rappresentano la velocità minima del nostro monologo che gli psicologici chiamano “dialogo interno” ed è stimato avere una dinamica che va dai 300 ai 1000 pensieri al minuto come risposta alle percezioni e agli eventi attorno a noi. Quando siamo occupati a fare diverse cose insieme, la mente aumenta la sua attività e produce molti più pensieri. In questo affollamento vi sono pensieri costruttivi che ci sono d’aiuto nello svolgimento dei compiti giornalieri da assolvere, ed altri che invece che sono superflui, fuorvianti e ci distraggono invece da essi. Quando ci sentiamo molto stressati o infelici la maggior parte di noi troverà che il numero e la velocità di queste onde di pensieri aumentano drammaticamente. Queste ruminazioni non soltanto ci tengono svegli durante la notte o ci distraggono da compiti importanti, ma possono colorare la nostra intera percezione con una distorta, spesso pessimistica, visione di ogni aspetto della nostra vita, diventando uno “stile di pensiero”.
Viceversa, quando iniziamo a rilassarci il flusso della corrente dei nostri pensieri rallenta. Questo può accadere praticando un esercizio di rilassamento, distraendo noi stessi con della musica o del cibo o anche quando siamo in vacanza. L’azione fisica del rilassamento riduce le stimolazioni elettriche e chimiche del cervello, permettendo così ai pensieri di rallentare il loro ritmo. Quando le onde di pensieri rallentano noi ci sentiamo più rilassati, il che ci provoca una sensazione di benessere. Infatti, è stato dimostrato che vi è una forte connessione tra il rallentamento delle onde di pensieri e il miglioramento dell’umore. Ed è nel momento in cui la loro velocità rallenta che si è in grado di percepire lo spazio che si crea tra essi, come se capissimo che ogni onda è formata da un pensiero.
La Letteratura classica che descrive la meditazione spiega che lo spazio che si crea tra le onde di pensiero è in effetti il breve momento di completo silenzio. Quando i nostri pensieri sono furibondi a causa dello stress o affollati a causa del pensare a ciò che dobbiamo fare, non è possibile percepire lo spazio tra i pensieri. Ma nel momento in cui la nostra mente si calma, noi possiamo percepire meglio il movimento del pensiero che si forma e poi svanisce, e del successivo che nuovamente si crea e poi svanisce. Nel momento in cui il pensiero si dissolve, prima che si faccia strada quello successivo, noi siamo in grado percepire un piccolo spazio che si crea tra un pensiero e l’altro. Lo scopo della meditazione classica è proprio quello di riuscire ad allargare e far espandere questo spazio cercando di renderlo sempre più ampio. Lo stato meditativo non è, tuttavia, la perdita di attività, abilità o controllo mentale. Questo spazio che sta tra due pensieri è, in realtà, il luogo dove lo stato di silenzio mentale può essere trovato; è in questo intervallo che lo stato di silenzio viene coltivato per potersi ampliare e sviluppare permettendoci l’esperienza della meditazione.
Quindi il primo obiettivo a cui giungere, nella meditazione, è quello di ridurre la frequenza dei pensieri. Questo ci permette di essere in grado di identificare lo spazio che si crea tra di essi. L’aver accomunato impropriamente questa fase della meditazione al rilassamento è probabilmente il motivo per cui i ricercatori occidentali hanno supposto falsamente che i due fenomeni siano corrispondenti. Dopo aver calmato il flusso dei pensieri infatti lo scopo di chi pratica la meditazione è quello di espandere lo spazio tra i pensieri fino ad allargarlo più dei pensieri stessi..
Esercitandosi nella pratica della meditazione si può sperimentare che solamente uno o due pensieri vengono ad interporsi tra lunghi spazi di silenzio, e in seguito questi spazi possono divenire talmente ampi da creare una totale assenza di pensieri. Quando i pensieri si calmano e diventano talmente irrisori da scomparire, noi ci abbandoniamo semplicemente al silenzio infinito che si crea tra i pensieri e rimaniamo in questo stato completamente vigili e consapevoli delle nostre facoltà. Per questo quello che si viene a creare è uno stato di consapevolezza senza pensieri. Questo distendersi dell’attività mentale dà avvio all’esperienza della meditazione. Il termine tradizionale in lingua sanskrita è “Nirvichara samadhi” che significa: assenza di pensieri.
Ma qual è il nesso con la salute e il benessere? Generalmente, quando si parla di salute le persone pensano che ciò significhi assenza di malattie. In realtà, buona salute significa assenza di malattie ma anche qualcosa in più: assenza di pensieri. Per gli antichi medici di Ayuverda l’essere umano era concepito come una personalità comprendente aspetti fisici, mentali, sociali e metafisici (spirituali). Essi guardavano alla salute come ad uno stato di equilibrio dinamico degli elementi del corpo. Il trattato Ayuverdico menziona il corpo sottile e definisce il suo ruolo nella costituzione e nello sviluppo di un individuo. Da alcuni anni anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) è arrivata a definire la Salute: benessere fisico, mentale, sociale e spirituale dell’individuo. Questo concetto implica una mente sana, in un corpo sano, all’interno di un contesto sociale sano, requisiti fondamentali per il benessere spirituale di un individuo al fine di conoscere il proprio Sé. In altre parole, la salute è un equilibrio tra l’uomo e il suo ambiente. Questo approccio è più strettamente legato al concetto della qualità e del significato della vita, compreso l’aspetto spirituale. Al giorno d’oggi esiste una crescente consapevolezza che, sebbene la medicina occidentale abbia compiuto notevoli progressi, tuttavia non ha ristabilito totalmente la salute negli esseri umani. Alcune manifestazioni di malessere possono assumere la forma di disturbi psicologici e sociali, che oggigiorno rappresentano i principali problemi di sanità pubblica. Tra questi un ruolo importante lo ricopre lo stress. Nella sua definizione scientifica stress sta ad indicare “situazioni o problemi esistenziali che minacciano il normale funzionamento dell’organismo e disturbano l’ambiente interiore”.
La scienza moderna ha dato prova che si tratta di uno stato tossico della mente. L’organismo, quando non è in grado di fronteggiare gli effetti dello stress, si esaurisce predisponendosi allo sviluppo di patologie. Molti dei malesseri comuni dei nostri tempi , comprese le malattie di cuore, ipertensione, obesità, diabete, depressione e cancro, sono ora certificate dagli esperti come la conseguenza diretta dello stress. Esso oltre ad influenzare queste patologie è addirittura in grado di peggiorarle. Molti esperti sono convinti che in parte le cause sono da imputare allo stile di vita moderno. Molti di noi sono, infatti, chiusi in un circolo vizioso; sottoposti ad una pressione eccessiva di lavoro per pagarsi uno stile di vita sempre più caro ed esigente. Quella che il WHO (World Health Organization) ha denominato “epidemia di stress” è per molti versi l’esempio perfetto di cosa, fuori controllo della mente collettiva, nutre e incoraggia il consumismo e degli effetti che questo fenomeno ha sulle aspirazioni della cultura moderna a cui si rifanno le persone e la società. Il contributo che lo stress crea ai vari problemi che caratterizzano la nostra società, che vanno dalla rabbia alla collera fino a salire al tasso di depressione e suicidi, non tralasciando, poi, l’elevato rischio di problemi psicologici, lo pone come la maggiore delle priorità con cui sono alle prese la maggior parte degli individui, così come anche le Organizzazione e i Governi.
I medici si sono accorti che l’uso di tranquillanti non rappresenta una soluzione permanente e quindi sono arrivati alla conclusione che metodi alternativi devono essere applicati per riportare nell’individuo il giusto grado di benessere. Hanno iniziato quindi a far ricorso a tecniche di rilassamento per ridurre gli effetti dello stress. Dal rilevamento di questi dati è scaturita l’idea che potrebbe essere utile introdurre il metodo sahaja yoga nella routine quotidiana come trattamento alternativo ai farmaci, in quanto esso mette in funzione l’attività del sistema nervoso parasimpatico apportando quindi l’equilibrio che è la chiave del suo successo. Tale ipotesi è stata confermata da un progetto di ricerca effettuato su soggetti malati di ipertensione causata da stress che sono stati trattati con il metodo Sahaja Yoga. È stato condotto uno studio pilotato, con verifiche e controlli, per valutare la portata di Sahaja yoga. Si è concluso che il metodo Sahaja yoga si prende cura dello squilibrio che si verifica nella psiche dei pazienti, la cui causa fondamentale è lo stress psicologico e che esso possiede un potere straordinario che trasforma l’individuo dall’interno. Se, dunque, partiamo dal presupposto che la prima condizione essenziale per una cura completa della persona è quella di trattare un individuo come un insieme unico, allora questo principio è seguito in toto nel metodo di Sahaja yoga, in cui le malattie altro non sono che il riflesso delle condizioni dei canali energetici, e dei sette centri sottili di energia che sono influenzati dinamicamente dal comportamento soggettivo a livello fisico, mentale, emotivo e psicologico. La meditazione Sahaja Yoga che porta alla naturale e spontanea assenza di pensieri è dunque l’alternativa valida alle cure mediche finora proposte, in cui lo stato di “Nirvichara Samadhi” (assenza di pensieri) viene adottato e si contrappone allo “stato di stress” che è uno dei fattori principali che impedisce secondo la definizione dell’Ayurveda e dell’O.M.S. lo stato di salute e di benessere dell’individuo.
Attraverso la pratica di Sahaja Yoga si sviluppa la capacità di controllare e modulare l’attività del sistema nervoso autonomo. Tale capacità si acquisisce perché, imparando a riconoscere le relazioni tra le energie emesse dalle mani, dai piedi e dalla sommità del capo e i nostri punti energetici interiori, cioè i chakra,si sviluppa nell’individuo un senso di percezione vibratorio che ci permette di decodificare lo stato di equilibrio – squilibrio presente in quel momento. In pratica quello che si acquisisce è un linguaggio energetico-vibratorio con il quale impariamo a dialogare con le nostre emozioni e che aiuta a correggere i nostri comportamenti sbagliati che ci causano malessere.
Un lavoro di ricerca sugli effetti della meditazione Sahaja yoga sul cervello, svolto nei dipartimenti di Fisiologia e Medicina del Lady Hardinge Medical College e Associated Smt. S.K. Hospital, a Nuova Delhi (ND pg 140) ha comprovato definitivamente i vantaggi nel controllo dell’attività del Sistema Nervoso Autonomo. In base agli esperimenti effettuati su individui, dopo dodici settimane di pratica di Sahaja yoga, si è potuta notare una variazione nell’ECG, EEG, nella frequenza respiratoria e GSR (Resistenza galvanica cutanea). Tutto ciò prova chiaramente e in maniera decisiva che, con la pratica di Sahaja yoga, già in un lasso di tempo di dodici settimane è possibile raggiungere uno stato di rilassamento fisico e mentale, ristabilendo un equilibrio tra le risposte del simpatico e del parasimpatico. Aiuta l’individuo a sviluppare attitudini positive e la capacità di un percezione corretta. In altre parole, cambia il modo di guardare le cose, si diventa testimoni distaccati e si è in grado di poter affrontare la vita quotidiana senza alterare per questo il proprio benessere. Katia Rubia, ricercatrice del King’s College University di Londra sottolinea che gli effetti soggettivi riscontrati nella pratica meditativa permettono alla persona di cambiare e di giungere ad uno stato di stabilità globale dal punto di vista psicologico ed emozionale ( Rubia K., The Neurobiology of Meditation and its Clinical Effectiveness in Psychiatric Disorders, Biol. Psychol. (2009))
Ulteriori esperimenti hanno supportato l’ipotesi che la meditazione attivi particolarmente l’area limbica: in particolare gli studi di Lou e Kiajer hanno mostrato una aumento di circa il 65% della dopamina endogena rilasciata nell’area limbica, strettamente legata al senso di piacere ed elemento fondamentale nella creazione degli scopi e delle motivazioni. Dunque l’energia Kundalini, raggiunta l’area limbica, oltre a stimolare i centri somatosensitivi, attiva fra l’altro le zone dopaminiche, favorendo il rilascio di questa sostanza e di altre molecole, quali le endorfine e la melanina, deputate a fornire e stabilizzare un senso di maggior benessere. La meditazione, dunque, favorisce il rilascio spontaneo della dopamina, stimolando uno stato di profonda gioia. In questo caso non si registra l’eccitazione tipica dello stimolo artificiale esogeno, ma uno stato di maggior calma e rilassamento.
Questi studi sugli effetti della meditazione con il metodo di Sahaja Yoga, per ora ancora abbastanza pionieristici, mostrano, comunque, che l’esperienza soggettiva del silenzio mentale e di emozioni positive durante la meditazione presentano delle significative correlazioni neurofisiologiche molto precise nell’attivazione e connettività di particolari regioni celebrali. Si potrebbero citare molti altri studi sull’argomento. Per chi vuole approfondire, ecco alcuni suggerimenti di lettura:

http://www.researchingmeditation.org/blog/skin-temperature.html (Cambiamenti della temperatura della pelle associati al silenzio mentale.)


domenica 3 novembre 2019

Il pensiero eretico che è un inno alla vita

Seguite questa intervista, parlano in modo Mirabile, meraviglioso e semplice di verità che da secoli vengono occultate.. verità per il nostro bene e per l'intero pianeta.
Non si parla solo del benessere che le risate apportano, quella è solo la punta dell'iceberg...

https://www.byoblu.com/2019/10/30/perche-devi-ridere-leonardo-spina-e-sonia-fioravanti/

giovedì 5 settembre 2019

I 5 passi per connetterti con te stesso e sviluppare l'intuito



Connetterti  con te stesso e sviluppare l'intuito significa essere nello stato in cui sai cosa è vero per te, cosa è la tua verità, la strada migliore.
Ed ecco i cinque passi che aiutano a raggiungere questa condizione.
  1. Uscire dal rumore. Cioè uscire dal caos, i disturbi, lo stress, il cellulare. Bastano anche solo dieci minuti al giorno
  2. Imparare a dire no con grazia. "No" è una frase completa, per cui non richiede necessariamente di aggiungere altro. Serve per essere il capitano della nostra nave, mettere paletti e proteggere i propri confini. E ciò è premessa per creare relazioni felici.
  3. Perdonare e lasciar andare con gioia. Perdonando crei spazio perchè possa arrivare qualcosa di nuovo. Le persone da perdonare non vanno considerate negativamente, sono insegnanti per noi, e per questo occorre esserne grati.
  4. Seguire i desideri del tuo cuore. Purtroppo è estremamente raro che qualcuno ti insegni a prenderti cura dei tuoi desideri. Farsi carico dei propri desideri significa sintonizzarsi e connettersi al cuore, all'anima, al Sè superiore, per realizzare la tua missione di vita.
  5. Sintonizzarsi con l'Universo e raggiungere le alte frequenze degli Angeli, dei Maestri. Esistono vari modi per sintonizzarsi, tra cui diverse tecniche o lo yoga. Infatti yoga significa unione, unione con l'Universo, col divino. Per la connessione è importante fare il silenzio interiore, la sospensione dai pensieri, affinchè ti possa porre in una condizione di ascolto e ricezione.
    .. e buon lavoro evolutivo.

Siamo esseri di luce destinati a brillare..

venerdì 9 agosto 2019

venerdì 19 luglio 2019

I cinque principi per vivere seguendo il cuore


 Primo principio:
Dì sempre la verità che senti nel profondo del tuo cuore.
Le tue parole sono chiare, gentili ma determinate;
esprimi te stesso senza incolpare nessuno,
ma assumendo la piena responsabilità dei tuoi sentimenti
e delle situazioni che hai attratto e che sono causa
di quelle sensazioni.
Connettersi al primo chakra significa sentirsi liberi
di dire la propria verità senza preoccuparsi di chi si ha di fronte.

 Secondo principio:
Accetta il piano Divino. Sai che tutte le sfide portano alla crescita.
Capisci che tutte le avversità e le sfide ti renderanno più forte
anche se al momento non vedi i risultati;
ti arrendi alla saggezza Divina e preghi perché si manifestino le soluzioni
che servono al bene supremo e che guariscono tutte le persone coinvolte.
Troverai nuovi modi creativi e spensierati
per gestire le ansie connesse alle tue sfide;
in questo modo sbloccherai anche il secondo e il quinto chakra.

 Terzo principio:
Dai serenamente il meglio di te stesso in tutto ciò che fai.
Ciò significa non affrontare le cose
con un atteggiamento negativo o di resistenza.
Se accetti un compito, o una responsabilità,
dai il meglio di te stesso, lo esegui con gioia e lo rendi piacevole.
Allena la tua mente a non considerare le responsabilità dei fardelli,
ma piuttosto dei compiti divini.
Non è necessario che tu conosca i motivi o la storia karmica
per cui si verifica una certa situazione.
Fai ciò che è necessario per dirigerti dove vuoi essere.
Non hai problemi a offrire il tuo aiuto agli altri perché sai che se non lo farai,
terrai nascosti i tuoi doni.
Affronti serenamente il rifiuto e non ne fai una questione personale,
perché sei qui per aiutare solo chi vuole essere aiutato!
Il terzo chakra ti dà la forza di persistere nelle sfide che affronti,
senza chiuderti nella tua comfort zone.

 Quarto principio:
Pratica atti casuali di gentilezza.
Condividi l’abbondanza condividendo l’amore attraverso le parole,
le azioni e le cose (soldi, beni materiali).
La gentilezza è la lingua del tuo cuore.
Dare senza condizioni significa esprimere gratitudine per ciò che si riceve.
Condividendo i tuoi beni materiali, il tuo tempo e il tuo denaro con gli altri
crei un karma positivo e agisci come un angelo terreno.
Quando ascolti le sensazioni istintive che ti indicano che cosa fare,
sei connesso al terzo chakra!
Se sei gentile e spensierato nutri il tuo cuore di energia positiva,
illumini l’ambiente che ti circonda con i tuoi atteggiamenti positivi,
le parole gentili, i complimenti e cogliendo la grandezza degli altri.
Sei molto attento alla negatività e la trasformi immediatamente in positività.

 Quinto principio:
Il passato è passato! Dimentica e lascia andare.
Essere saggio significa imparare dalle esperienze passate
per prendere decisioni migliori nel presente.
Se non dimentichi, ti punisci e avveleni la tua forza vitale
con l’energia negativa.
Prolunghi di fatto una sofferenza inutile.
Quando perdoni, guarisci il passato e ti liberi
degli incidenti che ti hanno causato dolore.
Lascia andare ciò che non ti serve
più e concentrati su ciò che desideri.
L’atto di perdono mantiene il cuore aperto alla fiducia.

Joy e Roy Martina

domenica 14 luglio 2019

"Installare l'amore"

Assistenza tecnica: - "Salve, come posso aiutarla?"
Cliente: - "Mmmmm.... Ho pensato di installare di nuovo l’Amore. Mi può aiutare?"
- “Certamente. Se è pronto, possiamo farlo adesso."
- “Penso di si. Da che cosa inizio?"
- “Prima di tutto, apra il “Cuore”. Lo sa dove ce l’ha, il Cuore?
- “Si, ma posso installare l’Amore se lì ho anche altri programmi?
- “Quali programmi ha attivi?"
- “Eeeeeeh... Ho “I vecchi rancori”. “La bassa autostima”. “La delusione e la frustrazione”
- “I vecchi rancori" non sono un problema, l’Amore li sposterà gradualmente dalla memoria ma conserverà come i file temporanei. Lo stesso dicasi della “Bassa autostima”. Ma lei deve cancellare “La delusione e la frustrazione”, perché ostacolano installazione del programma."
- "Ma non so come cancellarli."
- "Allora, vada al menu Start e provi a cliccare il “Perdono”. Clicchi finché non si cancelleranno “La delusione e la frustrazione."
- "Oh, ok! Ci sono. E’ iniziato, da solo, il download dell’Amore.. E’ normale?"
- "Si, ma è un programma di base, l’upgrade finale aggiunge “Altri Cuori”.
- "Mi scrive “Errore. Il programma non funziona con i componenti interni.” Che significa?”
- “Significa che l’Amore già funziona con i componenti interni ma non è ancora nel suo Cuore. Per farlo, deve iniziare ad amare se stesso."
- “Che devo fare?”
- “Clicchi su “Auto accettazione” e poi carichi i file “Auto perdono” ed “Essere consapevoli dei propri pregi e difetti”.
- “Fatto”.
- “Ora copi tutto nel “mio cuore” e il sistema provvede. Però deve cancellare a mano, da tutti i menu, “L’autocritica verbosa”, e svuotare il Cestino. Non carichi mai più “L’autocritica verbosa."
- “Ci sono! Il “Mio Cuore si sta riempiendo di nuovi file. Vedo il “Sorriso”, “L’equilibrio dell’anima”. Succede sempre così?"
- “Non sempre... a volte serve più tempo. Un dettaglio solo: “L’amore” è un software gratuito. Ma per farlo funzionare deve regalarlo agli altri e loro vi regaleranno le loro versioni...”
(Nikolay Bulgakov)

lunedì 8 luglio 2019

Ti ami davvero?



Quando sei contento di essere semplicemente te stesso e non fai confronti e non competi, tutti ti rispetteranno.
Lao Tzu

A cosa pensi se ti chiedo cosa significhi per te amarti? Come dimostri a te  stesso di amarti? Con quali pensieri, scelte, azioni?
Amarsi non è edonismo, vanità o egoismo, è accettarsi, accettarsi come si è, pensare di meritare le proprie attenzioni, concedersi il permesso di esprimersi liberamente e di avere delle gratificazioni. Per questo è possibile che tu creda di amarti anche se non è così.
Fermati un minuto e immagina per un momento di rivolgere al tuo migliore amico le medesime parole che abitualmente usi per riferirti a te stesso: credi ne sarebbe contento?
La relazione con te è la base che definisce ed origina la tipologia di qualsiasi altro rapporto.
L’amore è un sentimento caratterizzato da alte vibrazioni (come abbiamo visto nell’articolo "La nostra frequenza personale"). Vibra a delle frequenze molto alte e per sintonizzarti su quelle frequenze e riuscire ad attrarre tutto l’amore che meriti devi innalzare le tue frequenze vibrazionali. Fuori e dentro di te.
Il primo passo è amare se stessi.
Ho sentito talvolta usare espressioni di questo tipo: ho comprato questo vestito per me perché mi voglio bene e quindi ogni tanto mi faccio dei regali. Amarsi non è far bella mostra di sé. Quello è l’Ego, indizio di una bassa accettazione di sé.
La domanda da porsi è “quel vestito lo hai comprato e lo indosserai per te o perché sai che quando lo indosserai compiacerai chi te lo vedrà indosso? Cioè lo compri per te o per gli altri?”. Sei autentico o tendi a compiacere gli altri ed essere, quindi, ciò che gli altri vogliono? E quando dico “altri” non intendo necessariamente chiunque, ma qualcuno che è significativo per te (amici, partner, genitori, colleghi, superiori, vicini di casa ecc.). Se abitassi in un’isola di poche anime compreresti quel vestito che ti sei regalato? Andresti dal parrucchiere una volta a settimana? Ti truccheresti? Compreresti quella cosa che va tanto di moda o quell’auto che è uno status symbol? Sei autentico o parli, agisci e fai delle scelte perché funzionali a compiacere qualcun’altro? Credi forse di essere degno di apprezzamento solo se gli altri ti apprezzano? Pensaci ogni volta che credi di fare qualcosa perché ti vuoi bene. Chiediti per chi lo fai davvero.  La cura dell’apparenza talvolta nasconde l’insicurezza, il non sentirsi sicuri del proprio valore profondo.
Nel ritenere di farsi un regalo compiacendo gli altri è implicito uno schema di pensiero. Che significa? Uno schema di pensiero è una struttura nata da un insieme di pensieri che, coltivati a lungo durante la nostra vita, si sono trasformati in schemi costanti, che ci caratterizzano e condizionano le nostre scelte. Tali schemi sono a loro volta le fondamenta delle convinzioni, tra cui quelle cosiddette “limitanti”, che remano contro il nostro benessere.  Nel caso in questione lo schema implicito potrebbe essere “non devo mettermi nelle condizioni di non compiacere gli altri” che probabilmente ha costruito la credenza “non merito nulla se non compiaccio qualcuno di significativo per me”.
E così il tuo schema mentale condizionerà la tue scelte.
La ricerca dell’altrui compiacimento non è il solo indizio di un amore di sé un po’ vacillante.
Ci sono anche altri comportamenti, tra cui i cinque che seguono. Ti ci riconosci?
1.      Ti critichi continuamenteLe critiche creano chiusura, protezione e difesa…esattamente l’opposto dell’espansione, apertura e fioritura necessari all’amore di sé. Smetti di puntare il dito verso te stesso, ed inizia piuttosto a porgerti il braccio ed essere il tuo migliore amico. Chiediti: come e cosa posso fare di meglio la prossima volta? Il tuo intento è la costruzione di solide basi al tuo interno, e non una loro demolizione.
2.     Cerchi di voler essere perfettosei un essere imperfetto, mutevole e in crescita. Accettati come sei in questo momento. Commetterai degli errori, ti capiterà di inciampare e cadere, e soprattutto comprenderai come l’unica virtù sia imparare ogni giorno tanto dai tuoi pregi quanto e soprattutto dai tuoi limiti. Accettarti per quello che sei indipendentemente dai tuoi vizi e virtù, è il primo esercizio d’amore che puoi praticare nei tuoi riguardi. Amare, amare veramente, significa volere bene prescindendo da alcuna condizione. L’amore è un’energia che tutto dona e nulla chiede. Frasi come “ti voglio bene a patto/condizione che…” sono esempi di amore “condizionato”, non è un dono d’amore ma una richiesta, forse quasi un ricatto. Comincia da te e con te. Nel momento in cui ti accetti incondizionatamente, liberandoti di qualsiasi pressione ed aspettativa, ti aprirai alla vita vera (fatta di successi come di sbagli).
3.      Ti paragoni agli altri – nessuno a questo mondo è paragonabile a te. Siamo tutti unici e diversi, ciascuno con il proprio bagaglio di esperienze, conoscenze, emozioni e pensieri, ciascuno con la propria storia. Neanche i gemelli sono del tutto identici. Inoltre Osservare il prossimo ha un effetto energetico, toglierà energia da te e dai tuoi obiettivi, distraendoti dall’unica persona con cui ha senso entrare in competizione: te stesso. Non hai bisogno di confrontarti con dei perfetti sconosciuti, sarebbe inutile, pretestuoso e poco saggio. L’unica persona rispetto cui è bene tu sia ogni giorno migliore, sei e sarai sempre solo tu. Quanto più mostrerai di apprezzare il valore della tua unicità, tanto più offrirai stimoli agli altri affinché facciano altrettanto nei tuoi confronti.
4.      Ti identifichi con le tue capacità – Molte persone identificano se stesse ed il proprio valore a partire dai personali meriti e capacità. Vale a dire, se faccio un lavoro di prestigio sono una persona di prestigio. O al contrario, se faccio un lavoro di poco conto, sono una persona di poco conto.  In realtà chi sei è ben altra cosa rispetto ciò che fai; meritare un’insufficienza in una prova, non significa essere insufficienti. Significa avere delle abilità insufficienti in quel determinato compito, E NON essere delle persone insufficienti. Sei molto di più di ciò che fai: quello che fai esprime le tue capacità (contingenti e migliorabili). Mentre ricorda che tu  hai un’essenza umana e spirituale. Un conto è ciò che sei, un conto ciò che fai. Evita di valutarti attraverso le tue capacità: la tua natura è divina, per cui il tuo valore è connaturato al semplice fatto che tu esista.
5.      Dici sempre di si – smettila!  impara a dire NO evitando di cadere nella tentazione di compiacere gli altri a tutti i costi. Il messaggio che più o meno consapevolmente stai comunicando accondiscendendo sempre a tutto e tutti, è qualcosa del tipo: “Io non valgo abbastanza, e ho bisogno della tua approvazione per sentirmi finalmente considerato e amato.È questo quello che vuoi? Ricorda che non hai bisogno del permesso di nessuno per sentirti bene ed essere felice. Smetti di tradire la tua volontà, onora la tua autenticità, e datti la possibilità di circondarti di persone che ti apprezzino per quello che sei veramente.  La tua vita deve prima di tutto avere senso per te stesso ancor più che per gli “altri”.

E tu? Quale comportamento tra quelli descritti scegli di abbandonare oggi stesso per iniziare finalmente ad amarti un po’ di più? Mi farebbe piacere leggere le tue risposte