Dopo tanto scetticismo la ricerca scientifica dichiara finalmente che l’uso delle tecniche orientali di meditazione può prevenire e curare molte malattie. I suoi vantaggi non sono più in discussione: migliora l’attenzione, le abilità cognitive e la memoria, riduce l’ansia e i sintomi depressivi, e non solo. Fino agli Anni ’50 la meditazione è stata prerogativa di eremiti, monaci o i cosiddetti guru, cioè appannaggio di pochi eletti, in quanto pratica complicata e di natura prettamente spirituale. Poi diventò pratica dei figli dei fiori, seguiti negli anni successivi da calciatori e attori: meditano Roberto Baggio e Richard Gere. In tempi più recenti è stata la volta degli amministratori delegati di grandi multinazionali: Rao Dalio (Bridgewater associates) e Marc Benioff (Oracle e Salesforce.com). E oggi si è dato alla meditazione persino Dmitry A. Medvedev, primo ministro della Federazione Russa.
Da
qualche anno però la meditazione non si occupa più solo di
“benessere psicologico” ed è entrata negli ospedali con molte
applicazioni: dal controllo del dolore all’immunologia,
dalla cura dell’ipertensione al rallentamento
dell’invecchiamento cerebrale.
Nella
frenetica vita contemporanea la meditazione di tradizione orientale è
pratica difficile. Non dobbiamo, infatti, cadere nell’errore di
credere che praticare lo yoga significhi fare esercizio fisico simile
allo stretching. Ed è per questo che nel 1970 Shri Mataji
Nirmala Devi ha fondato Sahaja Yoga (dal sanscrito sahaja
“innato,spontaneo” e yoga “unione”). Il nome anticipa la
caratteristica peculiare di questo metodo unico di meditazione che è
spontanea in quanto facile, legata a capacità innate. Per
capire che non si tratta di quella che taluni definiscono una
“pratica spirituale” senza fondamento scientifico, occorre dare
alcune informazioni. Infatti secondo il Sahaja Yoga esiste un
“sistema sottile energetico” costituito da:
3
canali energetici
7
chakra
Energia
kundalini
1)
All’interno dell’essere umano vi sono canali di energia
che determinato il nostro equilibrio. I tre canali principali del
nostro corpo sottile sono detti canali di destra, di sinistra e
canale centrale. In sanscrito essi vengono chiamati Nadi,
quello di sinistra è detto Ida nadi, quello di destra Pingala
Nadi e insieme corrispondono rispettivamente al sistema
nervoso simpatico di sinistra (ida) e destra (pingala)
mentre quello centrale, denominato Sushmuna Nadi, alimenta
il sistema nervoso parasimpatico, autonomo.
Il
canale sinistro, che occupa il lato sinistro del corpo ed il lato
destro della testa, è l’Ida nadi. Corrisponde al Subconscio
e fornisce l’energia alla parte emotiva della psiche. È il lato
lunare e femminile dell’essere umano, nel quale si manifestano
istinti ed intuizioni. È lo Yin del Tao cinese, è il canale
nel quale circola l’energia Tamas, caratterizzata dalle
qualità delle emozioni, della gioia del desiderio, e dell’attitudine
a pensare al passato. Una persona che ha uno sbilanciamento verso
questo canale tende ad essere eccessivamente emotiva, troppo
sentimentale, facilmente influenzabile. I pensieri sono rivolti
verso il passato e può cadere facilmente nella depressione e nella
pigrizia ed essere vittima di condizionamenti.
Il
canale destro, che occupa il lato destro del corpo e il lato sinistro
della testa, è Pingala Nadi corrisponde al Sopraconscio
e fornisce energia alle attività della coscienza. Fornisce l’energia
dell’azione che consente di realizzare i desideri. È il lato
solare, maschile dell’essere umano attraverso il quale possiamo
pensare, creare, pianificare ed agire. È lo Yang del Tao e
in esso circola l’energia Rajas. Ha la qualità della
razionalità,dell’attenzione, dello sguardo verso il futuro,
dell’azione. Una persona che ha uno sbilanciamento verso questo
canale tende ad essere eccessivamente attiva e razionale, con una
forte identificazione con le proprie capacità ed esigenze. Tende ad
essere dominante ed aggressiva, con i pensieri prevalentemente
rivolti verso il futuro, con consequenziale tendenza a vivere
nell’ansia. Non riesce a fermarsi o a dormire bene e spesso soffre
di stress e problemi cardiaci.
Il
canale centrale situato nella spina dorsale, collega l’osso sacro
all’osso della fontanella è La Sushmuna Nadi e corrisponde
all’Inconscio. Fornisce l’energia al sistema nervoso
parasimpatico che gestisce tutte le funzioni autonome del nostro
organismo, di cui normalmente non siamo consci e su cui non possiamo
intervenire con la volontà: per esempio, il battito cardiaco. È
il canale dell’equilibrio perfetto, la cosidetta “via del mezzo”
ed in essa circola l’energia sattwa che altro non è che
l’unione delle energie ida e pingala equilibrate. La qualità
che attiene alla via del centro è il saper stare nel presente,
ci dona equilibrio, ci permette l’evoluzione, il miglioramento
attraverso l’uso proprio delle nostre energie sottili riportandole
in uno stato di equilibrio naturale.
2)
I Chakra sono centri di energia animati da un moto rotatorio
in senso orario, e il fluire libero dell’energia vitale in questi
centri determina il nostro benessere a livello fisico, mentale,
emozionale e spirituale. Esistono sette chakra principali posti
lungo l’asse della colonna vertebrale e corrispondono ai plessi
nervosi e sono responsabili del buon funzionamento dei nostri
organi. A livello sottile i 7 chakra sono ciascuno all’origine di
specifiche qualità. Ad esempio la capacità di perdonare è
collegata al sesto chakra. Essi vengono attivati e riequilibrati dal
passaggio della Kundalini allorché venga risvegliata e mantenuta
desta con la meditazione.
1°
CHAKRA, MOOLADHARA CHAKRA (plesso pelvico)
2°
CHAKRA, SWADISTHANA CHAKRA (plesso aortico)
3°
CHAKRA, NABHI CHAKRA (plesso solare)
4°
CHAKRA, ANAHATA CHAKRA (plesso cardio-polmonare)
5°
CHAKRA, VISHUDDI CHAKRA (plesso cervicale)
6°
CHAKRA, AGNYA CHAKRA (chiasma ottico)
7°
CHAKRA, SAHASRARA CHAKRA (sistema limbico)
3)
la Kundalini è l’energia sacra che è presente in ognuno di
noi in stato dormiente, avvolta in tre spire e mezzo nell’osso
triangolare alla base della colonna vertebrale, chiamato sacro. Se
sollecitata, attraverso gli esercizi di meditazione, essa sale
spontaneamente attraversa l’area anteriore della fontanella, sulla
sommità del capo, in corrispondenza del settimo chakra.
La
grande rivoluzione del Sahaja Yoga è che anche persone che non
possiedono basi culturali yogiche possono apprenderlo con successo.
Il programma è efficace e può essere insegnato facilmente. Dona
rapidi risultati spesso in soli pochi mesi di pratica. Si diventa
consapevoli di sé stessi e come ulteriore conseguenza si ottiene un
benessere spirituale, mentale, emotivo, fisico e anche sociale. Per
esperienza diretta posso dire di aver assistito a importanti
risultati ottenuti da persone che praticando sahaja yoga hanno smesso
di assumere farmaci per dormire, sono riuscite finalmente a smettere
di fumare o hanno visto risolversi problematiche nei rapporti sociali
sul luogo di lavoro, apparentemente senza aver fatto nulla.
Molti
sono gli studi effettuati per verificare i benefici delle
pratiche meditative, con risultati molto disparati a causa della
difficoltà di giungere ad una definizione chiara e univoca di
meditazione. La recente scoperta del “silenzio mentale
“come definizione scientifica di meditazione, riconosciuta
da tutti gli studiosi del settore, ha consentito di essere la base
dalla quale far partire le nuove indagini atte a definirne gli
effetti specifici.
Ma
per quale motivo la meditazione fa più che bene? Su che meccanismi
si basa? Occorre una premessa: sostanzialmente, noi non siamo i
nostri pensieri e neanche la mente che li genera ma, in realtà,
qualcosa di molto più profondo che si può scoprire interamente
nello stato di silenzio mentale. Esso diventa, dunque, una
finestra attraverso la quale possiamo acquisire una chiara
comprensione di noi stessi e del nostro mondo.
Proprio
la cultura orientale, in particolare quella indiana, ha riconosciuto
l’importanza del silenzio mentale ed ha sistematicamente esplorato
le vie per coltivarlo, acquisendo come risultato un metodo di
meditazione/yoga. Un modo per capire la relazione che c’è tra
pensare, non pensare e meditare è quello di immaginare com’è
fatto un elettroencefalogramma. In esso si vedono delle onde che
si susseguono in maniera seriale. Immaginiamo che siano i nostri
pensieri; spesso queste onde sono così vicine che non percepiamo uno
spazio tra di esse, l’impressione che ne riceviamo, invece, è che
si susseguano all’infinito. La velocità con cui queste onde di
pensieri si manifestano dipende dallo stato mentale ed emotivo
del momento vissuto.
Durante
il nostro usuale livello di attività mentale tale attività viene
definita “brusio mentale costante di sottofondo”, che
accompagna qualsiasi cosa facciamo; Questo genere di onde mentali
rappresentano la velocità minima del nostro monologo che gli
psicologici chiamano “dialogo interno” ed è stimato avere
una dinamica che va dai 300 ai 1000 pensieri al minuto come
risposta alle percezioni e agli eventi attorno a noi. Quando siamo
occupati a fare diverse cose insieme, la mente aumenta la sua
attività e produce molti più pensieri. In questo affollamento vi
sono pensieri costruttivi che ci sono d’aiuto nello svolgimento dei
compiti giornalieri da assolvere, ed altri che invece che sono
superflui, fuorvianti e ci distraggono invece da essi. Quando ci
sentiamo molto stressati o infelici la maggior parte di
noi troverà che il numero e la velocità di queste onde di
pensieri aumentano drammaticamente. Queste ruminazioni non
soltanto ci tengono svegli durante la notte o ci distraggono da
compiti importanti, ma possono colorare la nostra intera percezione
con una distorta, spesso pessimistica, visione di ogni aspetto
della nostra vita, diventando uno “stile di pensiero”.
Viceversa,
quando iniziamo a rilassarci il flusso della corrente dei nostri
pensieri rallenta. Questo può accadere praticando un esercizio di
rilassamento, distraendo noi stessi con della musica o del cibo o
anche quando siamo in vacanza. L’azione fisica del rilassamento
riduce le stimolazioni elettriche e chimiche del cervello,
permettendo così ai pensieri di rallentare il loro ritmo. Quando
le onde di pensieri rallentano noi ci sentiamo più rilassati, il che
ci provoca una sensazione di benessere. Infatti, è stato
dimostrato che vi è una forte connessione tra il rallentamento delle
onde di pensieri e il miglioramento dell’umore. Ed è nel momento
in cui la loro velocità rallenta che si è in grado di percepire
lo spazio che si crea tra essi, come se capissimo che ogni onda è
formata da un pensiero.
La
Letteratura classica che descrive la meditazione spiega che lo spazio
che si crea tra le onde di pensiero è in effetti il breve momento di
completo silenzio. Quando i nostri pensieri sono furibondi a causa
dello stress o affollati a causa del pensare a ciò che dobbiamo
fare, non è possibile percepire lo spazio tra i pensieri. Ma nel
momento in cui la nostra mente si calma, noi possiamo percepire
meglio il movimento del pensiero che si forma e poi svanisce, e del
successivo che nuovamente si crea e poi svanisce. Nel momento in cui
il pensiero si dissolve, prima che si faccia strada quello
successivo, noi siamo in grado percepire un piccolo spazio che si
crea tra un pensiero e l’altro. Lo scopo della meditazione classica
è proprio quello di riuscire ad allargare e far espandere questo
spazio cercando di renderlo sempre più ampio. Lo stato meditativo
non è, tuttavia, la perdita di attività, abilità o controllo
mentale. Questo spazio che sta tra due pensieri è, in realtà,
il luogo dove lo stato di silenzio mentale può essere trovato;
è in questo intervallo che lo stato di silenzio viene coltivato per
potersi ampliare e sviluppare permettendoci l’esperienza della
meditazione.
Quindi
il primo obiettivo a cui giungere, nella meditazione, è quello di
ridurre la frequenza dei pensieri. Questo ci permette di
essere in grado di identificare lo spazio che si crea tra di essi.
L’aver accomunato impropriamente questa fase della meditazione al
rilassamento è probabilmente il motivo per cui i ricercatori
occidentali hanno supposto falsamente che i due fenomeni siano
corrispondenti. Dopo aver calmato il flusso dei pensieri infatti lo
scopo di chi pratica la meditazione è quello di espandere lo spazio
tra i pensieri fino ad allargarlo più dei pensieri stessi..
Esercitandosi
nella pratica della meditazione si può sperimentare che solamente
uno o due pensieri vengono ad interporsi tra lunghi spazi di
silenzio, e in seguito questi spazi possono divenire talmente ampi da
creare una totale assenza di pensieri. Quando i pensieri si calmano e
diventano talmente irrisori da scomparire, noi ci abbandoniamo
semplicemente al silenzio infinito che si crea tra i pensieri
e rimaniamo in questo stato completamente vigili e consapevoli delle
nostre facoltà. Per questo quello che si viene a creare è uno stato
di consapevolezza senza pensieri. Questo distendersi
dell’attività mentale dà avvio all’esperienza della
meditazione. Il termine tradizionale in lingua sanskrita è
“Nirvichara samadhi” che significa: assenza di pensieri.
Ma
qual è il nesso con la salute e il benessere? Generalmente, quando
si parla di salute le persone pensano che ciò significhi assenza di
malattie. In realtà, buona salute significa assenza di malattie
ma anche qualcosa in più: assenza di pensieri. Per gli antichi
medici di Ayuverda l’essere umano era concepito come una
personalità comprendente aspetti fisici, mentali, sociali e
metafisici (spirituali). Essi guardavano alla salute come ad uno
stato di equilibrio dinamico degli elementi del corpo. Il trattato
Ayuverdico menziona il corpo sottile e definisce il suo ruolo nella
costituzione e nello sviluppo di un individuo. Da alcuni anni anche
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) è arrivata
a definire la Salute: benessere fisico, mentale, sociale e spirituale
dell’individuo. Questo concetto implica una mente sana, in un corpo
sano, all’interno di un contesto sociale sano, requisiti
fondamentali per il benessere spirituale di un individuo al fine di
conoscere il proprio Sé. In altre parole, la salute è un equilibrio
tra l’uomo e il suo ambiente. Questo approccio è più strettamente
legato al concetto della qualità e del significato della vita,
compreso l’aspetto spirituale. Al giorno d’oggi esiste una
crescente consapevolezza che, sebbene la medicina occidentale
abbia compiuto notevoli progressi, tuttavia non ha ristabilito
totalmente la salute negli esseri umani. Alcune manifestazioni di
malessere possono assumere la forma di disturbi psicologici e
sociali, che oggigiorno rappresentano i principali problemi di sanità
pubblica. Tra questi un ruolo importante lo ricopre lo stress.
Nella sua definizione scientifica stress sta ad indicare “situazioni
o problemi esistenziali che minacciano il normale funzionamento
dell’organismo e disturbano l’ambiente interiore”.
La
scienza moderna ha dato prova che si tratta di uno stato tossico
della mente. L’organismo, quando non è in grado di
fronteggiare gli effetti dello stress, si esaurisce predisponendosi
allo sviluppo di patologie. Molti dei malesseri comuni dei nostri
tempi , comprese le malattie di cuore, ipertensione, obesità,
diabete, depressione e cancro, sono ora certificate dagli esperti
come la conseguenza diretta dello stress. Esso oltre ad
influenzare queste patologie è addirittura in grado di
peggiorarle. Molti esperti sono convinti che in parte le cause
sono da imputare allo stile di vita moderno. Molti di noi sono,
infatti, chiusi in un circolo vizioso; sottoposti ad una pressione
eccessiva di lavoro per pagarsi uno stile di vita sempre più caro ed
esigente. Quella che il WHO (World Health Organization)
ha denominato “epidemia di stress” è per molti versi
l’esempio perfetto di cosa, fuori controllo della mente collettiva,
nutre e incoraggia il consumismo e degli effetti che questo
fenomeno ha sulle aspirazioni della cultura moderna a cui si rifanno
le persone e la società. Il contributo che lo stress crea ai vari
problemi che caratterizzano la nostra società, che vanno dalla
rabbia alla collera fino a salire al tasso di
depressione e suicidi, non tralasciando, poi, l’elevato
rischio di problemi psicologici, lo pone come la maggiore
delle priorità con cui sono alle prese la maggior parte degli
individui, così come anche le Organizzazione e i Governi.
I
medici si sono accorti che l’uso di tranquillanti non
rappresenta una soluzione permanente e quindi sono arrivati alla
conclusione che metodi alternativi devono essere applicati per
riportare nell’individuo il giusto grado di benessere. Hanno
iniziato quindi a far ricorso a tecniche di rilassamento per ridurre
gli effetti dello stress. Dal rilevamento di questi dati è scaturita
l’idea che potrebbe essere utile introdurre il metodo sahaja
yoga nella routine quotidiana come trattamento alternativo ai
farmaci, in quanto esso mette in funzione l’attività del
sistema nervoso parasimpatico apportando quindi l’equilibrio che è
la chiave del suo successo. Tale ipotesi è stata confermata da un
progetto di ricerca effettuato su soggetti malati di ipertensione
causata da stress che sono stati trattati con il metodo Sahaja
Yoga. È stato condotto uno studio pilotato, con verifiche e
controlli, per valutare la portata di Sahaja yoga. Si è concluso che
il metodo Sahaja yoga si prende cura dello squilibrio che si verifica
nella psiche dei pazienti, la cui causa fondamentale è lo stress
psicologico e che esso possiede un potere straordinario che trasforma
l’individuo dall’interno. Se, dunque, partiamo dal presupposto
che la prima condizione essenziale per una cura completa della
persona è quella di trattare un individuo come un insieme unico,
allora questo principio è seguito in toto nel metodo di Sahaja
yoga, in cui le malattie altro non sono che il riflesso delle
condizioni dei canali energetici, e dei sette centri sottili di
energia che sono influenzati dinamicamente dal comportamento
soggettivo a livello fisico, mentale, emotivo e psicologico. La
meditazione Sahaja Yoga che porta alla naturale e spontanea assenza
di pensieri è dunque l’alternativa valida alle cure mediche finora
proposte, in cui lo stato di “Nirvichara Samadhi”
(assenza di pensieri) viene adottato e si contrappone allo
“stato di stress” che è uno dei fattori
principali che impedisce secondo la definizione dell’Ayurveda e
dell’O.M.S. lo stato di salute e di benessere dell’individuo.
Attraverso
la pratica di Sahaja Yoga si sviluppa la capacità di controllare
e modulare l’attività del sistema nervoso autonomo. Tale
capacità si acquisisce perché, imparando a riconoscere le
relazioni tra le energie emesse dalle mani, dai piedi e dalla sommità
del capo e i nostri punti energetici interiori, cioè i chakra,si
sviluppa nell’individuo un senso di percezione vibratorio che ci
permette di decodificare lo stato di equilibrio – squilibrio
presente in quel momento. In pratica quello che si acquisisce è un
linguaggio energetico-vibratorio con il quale impariamo a
dialogare con le nostre emozioni e che aiuta a correggere i
nostri comportamenti sbagliati che ci causano malessere.
Un
lavoro di ricerca sugli effetti della meditazione Sahaja yoga sul
cervello, svolto nei dipartimenti di Fisiologia e Medicina del
Lady Hardinge Medical College e Associated Smt. S.K. Hospital, a
Nuova Delhi (ND pg 140) ha comprovato definitivamente i vantaggi
nel controllo dell’attività del Sistema Nervoso Autonomo. In base
agli esperimenti effettuati su individui, dopo dodici settimane di
pratica di Sahaja yoga, si è potuta notare una variazione
nell’ECG, EEG, nella frequenza respiratoria e GSR (Resistenza
galvanica cutanea). Tutto ciò prova chiaramente e in maniera
decisiva che, con la pratica di Sahaja yoga, già in un lasso di
tempo di dodici settimane è possibile raggiungere uno stato di
rilassamento fisico e mentale, ristabilendo un equilibrio tra le
risposte del simpatico e del parasimpatico. Aiuta l’individuo a
sviluppare attitudini positive e la capacità di un percezione
corretta. In altre parole, cambia il modo di guardare le cose,
si diventa testimoni distaccati e si è in grado di poter affrontare
la vita quotidiana senza alterare per questo il proprio benessere.
Katia Rubia, ricercatrice del King’s College University di Londra
sottolinea che gli effetti soggettivi riscontrati nella pratica
meditativa permettono alla persona di cambiare e di giungere ad uno
stato di stabilità globale dal punto di vista psicologico ed
emozionale ( Rubia K., The Neurobiology of Meditation and its
Clinical Effectiveness in Psychiatric Disorders, Biol. Psychol.
(2009))
Ulteriori
esperimenti hanno supportato l’ipotesi che la meditazione attivi
particolarmente l’area limbica: in particolare gli studi di
Lou e Kiajer hanno mostrato una aumento di circa il 65% della
dopamina endogena rilasciata nell’area limbica,
strettamente legata al senso di piacere ed elemento fondamentale
nella creazione degli scopi e delle motivazioni. Dunque l’energia
Kundalini, raggiunta l’area limbica, oltre a stimolare i centri
somatosensitivi, attiva fra l’altro le zone dopaminiche, favorendo
il rilascio di questa sostanza e di altre molecole, quali le
endorfine e la melanina, deputate a fornire e stabilizzare un
senso di maggior benessere. La meditazione, dunque, favorisce il
rilascio spontaneo della dopamina, stimolando uno stato di profonda
gioia. In questo caso non si registra l’eccitazione tipica dello
stimolo artificiale esogeno, ma uno stato di maggior calma e
rilassamento.
Questi
studi sugli effetti della meditazione con il metodo di Sahaja Yoga,
per ora ancora abbastanza pionieristici, mostrano, comunque, che
l’esperienza soggettiva del silenzio mentale e di emozioni positive
durante la meditazione presentano delle significative correlazioni
neurofisiologiche molto precise nell’attivazione e connettività di
particolari regioni celebrali. Si potrebbero citare molti altri studi
sull’argomento. Per chi vuole approfondire, ecco alcuni
suggerimenti di lettura: